L’appuntamento
di SKA su La dimanche des crabes il 10 Agosto 2008, 15:31
Il giorno in cui incontrai Luca per poco non venivo investito da un’auto.
Neanche con troppa sorpresa scoprii che non era cambiato affatto.
Non alto, non basso.
Capelli castano comune.
Occhi castano comune, come scrivono sulla carta d’identità.
Ascolta la musica che passano Radio Deejay e RDS per risparmiare sui cd.
Non fa nessuno sport, ma guarda qualsiasi programma in qualsiasi rete televisiva che parli di calcio.
Ricordo che aveva come hobby gli scacchi contro il Pc.
Ah, e anche grattarsi di tanto in tanto le palle.
Il suo vestiario varia esclusivamente con il passare dal freddo al caldo e viceversa, per necessità.
Giubbino o giacca a vento color avana.
Maglione grigio topo, con zip, di quelli caldissimi del mercato.
Jeans multistagionale, chiaro.
Timberland castano comune. Il tocco di classe.
Ed eccolo lì, mentre per poco non ci lascio le penne, a farmi “ciao” con la mano.
“Ciao Andrea! Allora? Tutto a posto? E…”
“Sì, ok. I convenevoli un altro giorno. A che ora è la cosa?”
“Sarebbe alle 15, in Piazza Garibaldi…” fa lui, rosso in faccia e un po’ spiazzato.
Interruzione : non so voi, ma a me le domande di circostanza mettono in crisi.
“Allora?”. Allora cosa? Quando uno fa una domanda del genere, cosa si aspetta, che gli racconti la mia vita dall’ultima volta che ci siamo incontrati, riassunta in quel lasso di tempo in cui il tuo interlocutore tace prima di parlare di sé stesso?
O, per l’appunto, vuole un’ulteriore risposta di circostanza che pressappoco reciti “Io bene, tu?”, e poter così parlare di sé.
“Tutto bene?” “Tutto a posto?”. Tutto bene cosa? Potrebbe mai andare veramente tutto bene? E’ irreale, è inverosimile. Se così fosse sarei Dio e, per inciso, neanche esisterei.
Eppure continuiamo a chiedercelo a vicenda, come se prima o poi possa andare veramente, tutto bene.
Il giorno in cui ricevetti la telefonata di Luca ricordo, con scientifica sicurezza, che non stavo facendo un cazzo. O finta di far qualcosa.
In un primo momento restai di sasso, poi andando avanti con la giornata iniziai ad abituarmi alla cosa fino ad assorbirla completamente.
Per iniziare poi a provare un senso di noia e fastidio per quell’Appuntamento.
“Ancora sei lì?” dico a Luca accendendomi la prima sigaretta della giornata, con la chiave già infilata nella portiera.
Prima si va, prima finisce questa buffonata.
Tra l’altro noto, con un certo nervosismo, che in queste occasioni la macchina che si prende è sempre la mia. Che poi è quella più sfigata: zero-optional ed intossicata di sigarette.
Non che la cosa mi dispiaccia, soprattutto nel pensare Luca alla guida.
Ma mi fa girare comunque i coglioni.
Con Luca il modo migliore per evitare quegli imbarazzanti silenzi che si creano quando non si ha un bel niente da dire, è farlo parlare di donne e di calcio. E non sta più zitto.
Così puoi annuire compiaciuto per le sue conquiste amorose e per il 4-0 della Juve, e nel frattempo prenderti il lusso di pensare a tutt’altro.
Ad esempio penso che sono in macchina con uno che si è già laureato ed ora lavora nell’ufficio commercialistico del padre. Dal momento in cui si alza, fino al momento di tornare a dormire lui sa cosa deve fare. Lui sa cosa lo aspetta durante la giornata, senza troppe seghe mentali.
Ogni giorno casa-ufficio ed ufficio-casa, che poi sono 500 metri a piedi.
Ma lui prende lo scooterone.
Ed il fine settimana con una birra in mano nel solito baretto.
Tutto uguale, ma perlomeno lui sa già cosa lo aspetta.
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