L’arresto di Julian Assange e quella minaccia al giornalismo e alla libertà di informazione – Valigia Blu
di SKA su Cose dette da altri, Notizie Commentate il 12 Aprile 2019
Dopo 2487 giorni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è stato arrestato dagli ufficiali della Metropolitan Police della capitale britannica intorno alle 10.30 del mattino, ora locale, dell’11 aprile.
Gli ufficiali di polizia stavano eseguendo un mandato spiccato dai magistrati della Corte di Westminster a cui se ne è aggiunto, due ore più tardi, un altro dovuto alla richiesta di estradizione di Assange negli Stati Uniti.
I casi che lo riguardano e che hanno portato all’arresto sono dunque due. Il primo, dicono le autorità, concerne la violazione compiuta da Assange della sua libertà cauzionale entrando nell’ambasciata, dove aveva trovato – sotto la precedente e ben più amichevole presidenza di Rafael Correa – asilo per fuggire a una richiesta di estradizione in Svezia. Lì avrebbe dovuto essere interrogato all’interno di un’inchiesta per un caso di molestie sessuali a lui attribuite da due donne. Assange aveva provato la strada del ricorso, perdendola – da cui il mandato spiccato, ed evaso, a giugno 2012. Il caso era stato archiviato dalle autorità svedesi nel maggio 2017, “dopo che la Svezia, per sette anni”, nota Stefania Maurizi, “ha mantenuto l’indagine alla fase preliminare senza incriminarlo né scagionarlo una volta per tutte”.
Il secondo riguarda una questione dalle conseguenze molto delicate per il giornalismo, la libertà di stampa e di espressione. Assange aveva sempre sostenuto che la richiesta di estradizione in Svezia ne celasse, in realtà, un’altra verso gli Stati Uniti, dove temeva di finire processato come “spia” secondo la durissima – e criticatissima – norma del 1917 chiamata “Espionage Act” per il materiale pubblicato da WikiLeaks tra il 2010 e il 2011.
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